domenica 6 maggio 2012

idiosincrasie


Trovo odiose le citazioni retoriche, l'estrapolazione di aforismi da discorsi più ampi, soprattutto quando ciò avviene in forma scritta e non orale (dove magari può essere utilizzato per sostenere un argomento, nel quadro di un discorso più ampio, il che non solo è legittimo ma è anche sfoggio di erudizione). Per quanto una particolare frase possa essere ricca di significato e, senza esssere pedante, portatrice di un indiscutibile carattere pedagogico, la pratica rozza e volgare - quanto mai diffusa su fb - di sradicarla dal discorso per appropriarsene, ha quasi sempre l'effetto di banalizzarla, impoverirla, renderla bugiarda e unilaterale. Anche l'aforisma più  profondo diventa una considerazione vuota, pretenziosa, chiusa in se stessa, buttata lì  come se ne trovano a bizzeffe nei discorsi politici dalla retorica mediocre.

Invece, invece mi piace un casino quando si prendono delle frasi da un romanzo (o altro) particolarmente efficaci sotto un profilo immaginifico o musicale, e le si lascia a se stesse, isolandole dal resto del testo.Questo tipo di estrapolazione, piuttosto che impoverire la frase, le fa acquisire un sapore criptico e suggestivo, un carattere quasi poetico. La frase non si chiude, ma viene ad aprirsi ad una molteplicità di significati, sicché stimola la creatività e l'intelligenza del lettore.