domenica 6 maggio 2012

idiosincrasie


Trovo odiose le citazioni retoriche, l'estrapolazione di aforismi da discorsi più ampi, soprattutto quando ciò avviene in forma scritta e non orale (dove magari può essere utilizzato per sostenere un argomento, nel quadro di un discorso più ampio, il che non solo è legittimo ma è anche sfoggio di erudizione). Per quanto una particolare frase possa essere ricca di significato e, senza esssere pedante, portatrice di un indiscutibile carattere pedagogico, la pratica rozza e volgare - quanto mai diffusa su fb - di sradicarla dal discorso per appropriarsene, ha quasi sempre l'effetto di banalizzarla, impoverirla, renderla bugiarda e unilaterale. Anche l'aforisma più  profondo diventa una considerazione vuota, pretenziosa, chiusa in se stessa, buttata lì  come se ne trovano a bizzeffe nei discorsi politici dalla retorica mediocre.

Invece, invece mi piace un casino quando si prendono delle frasi da un romanzo (o altro) particolarmente efficaci sotto un profilo immaginifico o musicale, e le si lascia a se stesse, isolandole dal resto del testo.Questo tipo di estrapolazione, piuttosto che impoverire la frase, le fa acquisire un sapore criptico e suggestivo, un carattere quasi poetico. La frase non si chiude, ma viene ad aprirsi ad una molteplicità di significati, sicché stimola la creatività e l'intelligenza del lettore. 


martedì 27 marzo 2012


Noi, i ritorni in macchina solitari, le serate piatte, i pensieri che ci inseguono, la noia che indossiamo, la sfiducia verso una qualche possibilità, il senso di futilità universale. I bicchieri di vino, la luce negli occhi, la luce presto spenta.
Aspettando il Sole, o che altro?

sabato 24 marzo 2012

Bedroom

Disegnare paesaggi per l'anima con un lapis mentale. Non sentire assolutamente alcun bisogno, alcuno stimolo.
Un'apatia da chiusura senza che sia morbosamente introspettiva. Una qualche pace, benché illusoria e instabile, che però mi libera un senso di placidità. Roy Montgomery:  sopra di me c'è una coperta di stoffa, e sopra questa ce ne è un'altra, sonora.
http://www.youtube.com/watch?v=Qa2zQAjlugo&feature=related

domenica 4 marzo 2012

anf anf mi acchiappa sempre

sabato notte. una fila di auto parcheggiate lungo la via, a perdita d'occhio. Ansia. Tutto è così tetro, c'è qualcosa di così apparentemente sbagliato, sciocco, in questa società. Ma non so dire precisamente cosa.
Eppure quest'ansia...
Ed allora faccio quest'esperimento mentale. Rimango io unico rappresentante della civiltà, in seguito ad un qualche evento. Un bel giorno sono spariti tutti. Rimango semplicemente solo. Penso che proverei un limitatissimo sollievo. Avrei ancora ansia. Forse di più, perché non avrei un certo tipo di distrazioni. E' perché mantengo lo scenario da società industriale?
Allora ripeto l'esperimento, immaginandomi in un ipotetico stato di natura. Non esistono città, solo boschi a perdita d'occhio. Mi sento meglio? mi sento diverso ma... no. L'ansia è ancora lì. Tutta quella dannatissima vegetazione. Cammino nel bosco, spaventato dalla possibilità di incontrare delle fiere, cercando un rilievo. Attacco una montagna, mi incammino, sforzo le ginocchia. Sono tutto sudato ma ho guadagnato il dominio della vallata. Un oceano di verde intorno a me. E' come se mi ci potessi tuffare. Finché sto qui non è così malvagio. Mi manca la musica. Inizio ad aver fame. Mi stendo, dopo essermi fatto un giaciglio alla bell'e meglio. Aspetto che scendano le stelle, per sentirmi come il primo uomo che ha avuto bisogno di credere negli dei, per non sentirsi solo, sperduto nell'infinito universo.

lunedì 13 febbraio 2012

stasera volevo leggere un articolo, e siccome volevo leggerlo con calma e concentrazione, ho deciso di indossare le cuffiette. Dopo un po' che le avevo indosso mi rendo conto della madornale svista mentale. L'articolo si legge con gli occhi, non con le orecchie. Che cazzo le ho indossate a fare?